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Sicilia: le 10 isole più belle

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Le isole della Sicilia sono ricche di storia e di fascino. Le potrete scegliere tra le mete delle vostre vacanze al mare, magari programmando di visitare un arcipelago alla volta. Potrete andare alla scoperta delle isole Eolie, di cui fanno parte Stromboli e Vulcano, ma anche delle isole Egadi, tra le quali troviamo Marettimo, Levanzo e Favignana.

Ecco una selezione di 10 tra le più belle isole della Sicilia.

1) Stromboli

Stromboli è un'isola della Sicilia famosa per la sua spiaggia di sabbia scura situata nella parte orientale di questa splendida isola di origine vulcanica. Stromboli fa parte dell'arcipelago delle Eolie, tutte isole che meriterebbero di essere visitate almeno una volta nella vita. Nello stesso arcipelago troviamo anche Lipari, Vulcano, Salina, Alicudi, Filicudi e Panarea.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

2) Lampedusa

Lampedusa fa parte delle isole Pelagie, insieme a Limosa e Lampione. La costa di Lampedusa è frastagliata e si suddivide in numerose spiaggette bagnate da un mare spettacolare con colori che vanno dal turchese, al verde smeraldo al blu. Spesso le acque sembrano quasi trasparenti. L'ecosistema marino è un paradiso per chi ama dedicarsi alle immersioni subacquee. Qui, tra dammusi e paesaggi mozzafiato, è quasi d'obbligo un bagno nella famosa Spiaggia dei Conigli.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

3) Linosa

Linosa è un isola della Sicilia formata da roccia lavica nera. L'origine vulcanica, con vulcani ormai spenti, rende il suo aspetto molto particolare. Sull'isola troviamo un piccolo porticciolo attorno a cui si raccoglie l'unico centro abitato. L'isola è molto tranquilla e ha pochi abitanti. È adatta sia per le escursioni a terra che per quelle in mare, a bordo di una barca. È un paradiso per chi ama le immersioni grazie alla spettacolare flora e fauna marittima.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

4) Lipari

Sull'isola di Lipari troviamo l'omonima cittadella fortificata, che potrete avvistare dal mare quando sarete ancora lontani dalla costa dell'isola. Una delle caratteristiche di Lipari è la presenza di una cava di pomice, che rende il paesaggio caratteristico e che potrete ammirare dal mare.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

5) Vulcano

L'isola di Vulcano è nata dalla fusione di quattro vulcani. Prende il nome dall'omonima divinità della mitologia romana, a cui era sacra. Le ultime eruzioni sono avvenute a fine Ottocento, ma quest'isola vulcanica non ha mai cessato la

 

 

propria attività, dando origine a fenomeni come getti di vapore e fumarole. Dall'isola di Vulcano si può raggiungere facilmente l'isola di Lipari in traghetto.

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6) Pantelleria

Pantelleria è la più grande delle isole della Sicilia. Ha clima caldo ma quest'isola è sferzata da forti venti, tanto che questo fenomeno le è valso il soprannome di Figlia del Vento. Il nome Pantelleria significa "Terra ricca di doni". Qui il mare è cristallino, i fondali sono ricchi e il paesaggio è caratterizzato da numerosi muretti a secco. Il colore scuro del terreno ha fatto nascere un ulteriore soprannome per Pantelleria, quello di "Perla nera del Mediterraneo".

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7) Salina

L'isola di Salina fa parte dell'arcipelago delle isole Eolie. È possibile raggiungerla grazie ai suoi due porti, di Santa Marina e di Rinella. La spiaggia più bella e suggestiva del'isola è quella che si trova nella baia di Pollara, all'interno di un antico cratere vulcanico. L'isola è formata da sei vulcani ormai spenti. Qualcuno di voi la ricorderà perché ospita la casa in cui venne girato il film "Il Postino", con Massimo Troisi.

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8) Marettimo

Marettimo è la meno conosciuta delle isole Egadi e la meno frequentata dai turisti. Qui non troverete alberghi. Si soggiorna nelle case dei pescatori che mettono a disposizione delle stanze ai visitatori. Le coste dell'isola sono caratterizzate da numerose grotte, che potrete scoprire facendo un'escursione in barca attorno all'isola. Così potrete ammirare la Grotta del Tuono, la Grotta Perciata, ed la Grotta del Presepio, con conformazioni che hanno assunto l'aspetto di statuine.

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9) Favignana

L'isola di Favignana fa parte dell'arcipelago delle Egadi. È soprannominata "La grande farfalla sul mare". Il nome attuale di Favignana risale al Medioevo e deriverebbe dal nome del vento Favonio proveniente da Ovest. È la località adatta per chi ama le vacanze in spiaggia, le escursioni alla scoperta delle grotte lungo la costa e le immersioni in un meraviglioso mare cristallino. Il caratteristico paesino, l'inconfondibile turchese del mare e le bellissime spiagge, da scegliere in base a dove tira il vento (da non perdere, ad esempio Cala Grande con vento di scirocco) ma anche la possibilità di spostarsi sull'isola in bici, la rendono una meta perfetta per una vacanza in totale relax (sconsigliata durante le due settimane centrali di agosto).

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10) Panarea

Panarea è la più piccola delle isole Eolie. Punta del Corvo, con un altezza di 420 metri, è il suo culmine. Il suo versante si getta quasi a picco nel mare. Vi sono poi pendii più dolci e rocce laviche di colore nero con spiaggette di ciottoli. Attorno all'isola sorgono isolotti e scogli. Vicino a Punta Milazzese si trova un villaggio preistorico che domina dall'alto la baia di Cala Junco.

curiosità in Sicilia

Di curiosità in Sicilia ce ne sono parecchie ma alcune si tramandano di generazione in generazione e proprio per questo vale la pena di condividere con tutti gli amici di Siciliafan. 

Ecco le 4 curiosità sulla Sicilia:

1. Il Castagno dei Cento Cavalli

Il castagno dei 100 cavalli, è il celebre albero dalle enormi dimensioni, situato ai pendici dell'Etna. Prende questo nome, da un antico racconto che ci viene ancora oggi proposto e che è il seguente. Un tempo Giovanna d'Aragona, di passaggio dall'Etna, proveniente dalla Spagna e alla volta di Napoli, si imbattè in un violento temporale. La donna, pare abbia trovato salvezza e riparo, sotto quel castagno. Insieme a lei c'era tutto il suo seguito… ed il tutto può corrispondere a realtà, visto che solo una parte del tronco (quello che non andò distrutto nel 1923) oggi ha una circonferenza di oltre 50 metri. 

2. Lu Fusu di la vecchia

Lu Fuso di la vecchia è nello specifico una colonna facente parte dei resti del tempi di Selinunte. Prende questo nome, perché si pensa che un tempo la Sicilia era stata abitata in prevalenza da giganti. La leggenda dei giganti è legata alla grandezza dei primi edifici costruiti in Sicilia.  Questa colonna è alta 16 metri e larga 3 e mezzo e da sempre è stata vista come il fuso utilizzato dalle antiche abitanti dell'isola, per filare la lana. Fantasiosi. 

Ma non è ancora finita qui. Questa strana colonna, ha qualcosa di magico. Se la si osserva da lontano, non sembra così imponente. Non appena ci si avvicina, ci si rende conto pian piano delle dimensioni. Ma è solo toccandola e abbracciandola, che allora si comprenderà, che per abbracciare quella colonna, ci vorranno almeno 7 persone.

3. Origini dei Pupi siciliani

Questa è una delle storie maggiormente conosciute e raccontate in materia di pupi siciliani. Pare infatti che un tempo nel 421 a.C. ci fu un convito in cui era presente Socrate e anche un puparo siracusano. Pare ancora che Socrate invitò il puparo a far muovere i suoi pupi, facendoli ballare. Alla fine della performance, al siracusano venne chiesto quale fosse il suo più grande sogno e l'uomo rispose a Socrate in questo modo: "Che ci siano molti sciocchi, perché essi, accorrendo allo spettacolo dei miei burattini, mi procurano da vivere".

4. L'importanza della Palma siciliana

La Palma per i siciliani ha sempre avuto una importanza cruciale nella vita dell'isola. Esisteva un vero culto per la palma. Essa veniva invocata durante i periodi di grande siccità. La domenica delle Palme, sugli alberi venivano appese fronde di palma benedetta . Ancora e questa è forse la più curiosa, un tempo anche le streghe venivano cacciate con un rito particolare: a mezzogiorno in punto con una forbice in acciaio, venivano tagliate in due, tre palme. Al contempo vceniva recitata anche una antica formula magica, oggi andata smarrita. 

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AREE ARCHEOLOGICHE 

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Strada Provinciale Modica-Cava Ispica
 


La Cava Ispica è un complesso preistorico di grotte, scavate lungo la valle di un torrente localizzato tra i comuni di Modica e Ispica in Provincia di Ragusa e Rosolini, in Provincia di Siracusa, in Sicilia.

Cava Ispica (non "d'Ispica") ebbe origine da una frattura di origine tettonica risalente a tempi remotissimi forse a causa di sconvolgimenti tellurici di magnitudo molto elevata. Si presenta con pareti quasi a strapiombo nei cui anfratti e grotte trovarono rifugio i primi abitanti della zona. I primi insediamenti vengono datati al 2000 a.C. Abitata quasi ininterrottamente nel tempo fu rifugio dei Siculi scacciati dalle coste dalla penetrazione dei coloni greci. Lo fu anche durante le invasioni barbariche e per tutto il periodo bizantino (VI-IX secolo), di cui rimangono tombe e chiese rupestri, e durante le incursioni saracene.

Le grotte, di varia funzione e dimensione, accoglievano in uno o più ambienti tutte le funzioni delle antiche popolazioni.

Grotta di Cava IspicaTutto il bacino storico comprende la cava principale (circa 13 km) e numerosi altri siti sparsi nel territorio circostante.

L'area comprende anche un complesso tombale di quasi 500 tombe, di epoca cristiana (IV – V secolo).

Abitata da sempre abitata e fino a tempi recenti, è l'esempio di come si dovevano presentare in antico tutti i centri urbani collinari del Val di Noto. I vari terremoti, tra cui quello più distruttivo del 1693, ne hanno seriamente compromesso l'originario aspetto.

Il suo abbandono è collegato alla prosperità della vicina Modica dalla dominazione araba in poi.

Nel 1936 l'antica città di Spaccaforno, il cui nome derivava dalla corruzione in volgare del termine latino Hyspicaefundus (fondo del fiume Ispa, da cui prende il nome la Cava), poi mutatosi in Isbacha, mutò il suo nome in Ispica, secondo un principio alquanto arbitrario che venne seguito anche per altre città italiane e siciliane (tra le altre città, Castrogiovanni divenne Enna, Biscari divenne Acate): il toponimo dell'insediamento archeologico è dunque preesistente alla fondazione della città omonima e ne ha dunque generato la denominazione. Prove di insediamenti, come chiese rupestri e necropoli, si trovano lungo tutto il percorso, ma i più interessanti di trovano sia nella parte Nord, vicino Modica, che nella parte sud, luogo dove sorgeva il vecchio abitato di Hyspicaefundus, adiacente Ispic

Giufà

 

Curioso personaggio popolare della narrativa di numerosi paesi, Giufà è una delle figure tipiche del finto sciocco, che riesce a proporsi per l’arguzia, l’originalità delle soluzioni, e per la comicità che scaturisce dal suo strano agire.

Tipico esempio dello stolto, del saggio, dello sciocco, del furbo, dell’imprevedibile, dell’insofferente all'autorità, Giufà, cerca sempre di farla franca o di ottenere vantaggi personali, anche se spesso puo’ apparire molto credulone, una facile preda per truffatori di ogni genere. 
Innumerevoli sono le storie che lo vedono protagonista non solo in Sicilia, con temi spesso identici nei concetti.

In paesi assai distanti, appartenenti a un'area culturale che affonda le sue radici nel Mediterraneo lo ritroviamo sotto vari nomi: a Piana degli Albanesi in Sicilia Giuvà e Dxuhai, in Albania, Djeha, Goha in Egitto, Nasreddine Hodja in Turchia, in Calabria Jugali, Juvadi (abbrev. Juvà), Giuvali, Jucà; a Roma, nelle Marche e in Toscana Giuccà; in Sardegna Gioffah; a Malta Giohan; a Napoli Vardiello; in Piemonte Simonett, a Venezia El mato, in Lombardia Meneghino, a Bologna e in tutto il nord-Italia Bertoldino, in Spagna Juan el tonto, in Francia Jean l’imbecil, in Germania Der dumme Hans, in Russia Giovanni, Giovannino, Giovanni Citrullo, Emiliano, in Norvegia Matthis lo scemo.

La radice popolare comune, si fa risalire ad un personaggio storico realmente esistito agli inizi dell'XI sec. d.C nella penisola Anatolica (Attuale Turchia); si tratterebbe infatti della personalità piuttosto eccentrica di Nasreddin Hoca (Il Maestro Nasreddin), che nell'area Araba si diffuse con il nome di Jeufa/Jusuf e che nella tradizione siciliana fu tramandato come Giufà.

In Sicilia, Giufà viene ampiamente raccontato nell'opera di Giuseppe pitrè, eminente studioso di tradizioni e di folclore siciliano che riprende storie popolari diffuse in varie parti dell’isola, tra la fine dell' '960 e l'inizio del '900.

Nei tanti racconti, Giufà viene presentato come un ragazzo molto ignorante, che parla per frasi fatte e che conosce soltanto una certa tradizione orale impartitagli dalla madre. Nelle sue avventure egli si caccia spesso nei guai riuscendo ad uscirne quasi sempre illeso, ma è anche evidenziato come un personaggio candido e spensierato, che riesce a far sorridere con le sue storie di sfortuna, sciocchezza, saggezza ed anche ingenuità, capaci di farne un personaggio molto caro alla nostra memoria di siciliani.

GIUFA’ E LA CIOCCA

 

Si cunta ca 'na vota cc'era Giufà; sò matri si nni ij' a la Missa e cci dissi:
- Giufà, vidi ca staju jennu a la Missa, vidi ca cc'è la hjocca, e havi a scuvari l'ova, la pigli, cci duni a manciari la suppa e pùa la minti 'n capu arrieri, ca nun bazzi ca s'arriffriddanu I'ova.
'Nqua Giufà piglia la hjocca, cci fa la suppa cu pani e vinu e la civa, tantu chi la civava ca cci la fuddava cu la jita e l'affuccà' e murì'; quannu Giufà vitti la hjocca 'n puortu, dissi:
- Ora comu fazzu, ca l'ova s'arrifriddanu! ora mi cci mintu ia 'n capu l'ova.
Si leva li canzi e la cammísa e s'incula 'n capu l'ova, e si cci assetta. 
Vinni sò mà' e eci gridava:
- Giufà, Giufà! 
Arrispunni Giufà:
- Chila, chila, 'un cci puozzu vinii, i ca sugnu hjocca e sugnu misu 'n capu l'ova , manzinò s'arrifriddanu.
Sò matri si misi a gridari:
- Birbanti, birbanti ! ca tutti l'ova scafazzasti!
Si susi Giufà e I'ova eranu tutti 'na picata.

TRADUZIONE
Si racconta che una volta c'era Giufà; sua madre se ne va a messa e gli dice:
- Giufà vedi che sto andando a Messa, vedi che c'è la chioccia che deve covare le uova. Prepara la zuppa e falla mangiare. Quando ha finito riportala a covare, altrimenti le uova si raffreddano.
Giufà, prende la gallina per farla mangiare le fa la zuppa con pane e vino, e la imbocca, tanto la imboccava che l’affogò e morì. 
Vista la gallina stesa per terra, morta ammazzata, si disse:
- Ora come faccio che le uova si raffreddano? Mi metto a covarle io.
Si levò pantaloni e camicia e si pose sulla covata. 
Quando tornò la madre, si mise a chiamare:
- Giufàa! Giufàa!
Giufà rispose:
- Chila, chila.. non posso venire, sto facendo la chioccia e sono sopra la covata sennò le uova si raffreddano!
Sua madre si mise a gridare:
-Birbante, birbante! Hai schiacciato tutte le uova!
Giufà si alza e le uova erano tutte una frittata!

GIUFA’ TIRATI LA PORTA

'Na vota la matri di Giufà iju a la Missa; dici:

- Giufà, vaju a la Missa; tirati la porta.

Giufà, comu niscíu sò matri, pigghia la porta e la metti a tirari; tira tira, tantu furzau ca la porta si nnì vinni.

Giufà si la càrrica 'n coddu, e va a la Chiesa a jittariccilla davanti di sò matri:

- Ccà cc'è la porta!... Su' cosi chisti ? !...

TRADUZIONE
Una volta la madre di Giufà andò alla messa; dice:

-Giufà vado a messa; tirati la porta.

- Giufà, come uscì sua madre piglia la porta e si mette a tirarla; tira tira, tanto forzò che la porta se ne venne.

Giufà se la carica sulle spalle e va in chiesa a buttargliela davanti a sia madre:

-Qua c’è la porta! ... Sono cose queste ? !...

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

  MANCIATI RUBICEDDI MEI

 

Giufà com'era menzu lucchignu nuddu cci facía 'na facci comu dicissimu di 'mmitallu o di dàricci quarchi cosa.

Giufà iju 'na vota nna 'na massaría, pi aviri quarchi cosa.

Li massarioti comu lu vìttiru accussì squasunatu, pocu mancò ca 'un cci abbiaru li cani di supra; e nni lu fìciru jiri cchiù tortu ca drittu.

Sò matri capíu la cosa, e cci pricurau 'na bella bunàca, un paru di càusi e un gileccu di villutu.

Giufà, vistutu di camperi iju a la stissa massaria; e ddocu vidìstivu li gran cirimonii!.., e lu 'mmitaru a tavula cu iddi.

'Sennu a tavula, tutti cci facìanu cirimonii.

Giufà pi 'un sapiri leggiri e scriviri comu cci vinia lu manciari, pi 'na manu si jinchia la panza, pì 'n'autra manu chiddu ch'avanzava si lu sarvava 'nta li sacchetti, nna la còppula, nna la bunàca;

e ad ogni cosa chi si sarvava dicia:

- Manciati, robbiceddi mei, cà vuàtri fustivu 'mmtati!

TRADUZIONE
MANGIATE, VESTITINI MIEI

Giufà, mezzo scemo com’era, nessuno gli faceva una cortesia, come sarebbe a dire di invitarlo o dargli qualche cosa.

Giufà una volta andò in una masseria, per avere qualcosa.

I massari appena lo videro così malcombinato, poco mancò che non gli aizzassero il cane addosso; e lo federo andare più storto che dritto. Sua madre capì la cosa, e gli preparò una bella camicia, un paio di calzoni e un gilè di velluto.

Giufà, vestito come un campiere, ritornò nella stessa masseria e lì, avreste dovuto vedere che grandi cerimonie! … e lo invitarono a tavola con loro.

Anche a tavola tutti continuavano con i complimenti.

Giufà, quando gli servivano il mangiare, con una mano si riempiva la pancia, con l’altra mano ciò che avanzava se lo riponeva nelle tasche, nel berretto, sotto la camicia.

Ad ogni cosa che conservava, diceva:

-Mangiate, vestitini miei, che voialtri siete stati invitati non io-.

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Messina

Le origini del Popolo Siciliano

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Borghi in Sicilia

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                                 Spiagge in Sicilia


 

 

 

 

 

 

 

 

Una delle isole più belle del mondo, con mille chilometri di costa non poteva non vantare spiagge altrettanto belle.

Da nord a sud, da est ad ovest, le spiagge della Sicilia sono una più bella dell’altra, una più affascinante dell’altra.

L’artefice di tutto è madre natura che ha saputo dare vita a meravigliosi spettacoli, protagonisti il mare e le spiagge che da anni restano in scena a dare il meglio di sé. Acqua limpida e cristallina che si infrange su spiagge dorate scaldate dal sole.

Le località sono diverse e tutte bellissime, ognuna con la sua amabile particolarità e ogni anno attirano milioni di turisti provenienti da tutto il mondo.

Trapani, Messina, Palermo, Siracusa, Catania, Ragusa, Caltanissetta e Agrigento, ognuna di queste provincie saprà proporvi delle spiagge di infinita bellezza dove trascorrere intere giornate coccolati dal sole e dalla cristallina acqua.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Porto Palo e Lido Fiore (Menfi)

Entrambe queste spiagge sono state premiate con la bandiera blu per le loro purissime ed incontaminate acque.

Spiagge belle dove passare intere giornate in pieno relax. Sabbia finissima dorata che rende piacevole qualsiasi momento di riposo per prendere l’amata tintarella. Dal 2010 queste spiagge vantano anche il riconoscimento della Bandiera Verde dei pediatri italiani che le hanno scelte come due delle spiagge più adatte ai bambini.

La spiaggia di Porto Palo ha la forma di anfiteatro e si estende per ben 10 chilometri durante i quali è possibile incontrare molte dune mobili ed inconsistenti, data la scarsità di pioggia, il caldo africano e i frequenti venti.

L’acqua è bassa per alcuni metri dalla riva ed è fredda sia perché pulita ma anche perché è una zona non protetta da golfi o insenature. 
La spiaggia è molto ampia quindi e si riesce sempre a trovare un posto tutto per sé. Stesso discorso vale per la spiaggia di Lido Fiore dalla finissima sabbia dorata, dove la bellezza e la nitidezza delle acque sono di casa.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Stazzone, Lido della Tonnara, Lido della Foggia, Capo San Marco, Lido Sovareto e San Giorgio (Sciacca)

Queste spiagge appartengono al comune di Sciacca e hanno sabbia fine e dorata, considerate dai bagnanti dei veri e propri paradisi.
Stazzone è una delle località estive più in voga di tutto il comune con pub, pizzerie, ristoranti e centri balneari, tutto l’occorrente per una vacanza indimenticabile. Mare con tanti scogli e acqua limpida caratterizzano questa spiaggia alla quale seguono il Lido della Tonnara e il Lido della Foggia con fondali sabbiosi e mare cristallino. Scendendo più giù si arriva nella località di San Marco dove si trovano due magnifiche spiagge, Renella e Maragani, che si estendono tra insenature rocciose e sabbiose.

Per finire le spiagge di Sovareto e San Giorgio altre due meraviglie dalla sabbia finissima e il mare purissimo. Spiagge davvero belle che caratterizzano la città di Sciacca e la rendono nota a tutto il mondo.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Seccagrande e Borgo Bonsignore (Ribera)

Altri due paradisi della Provincia di Agrigento che appartengono al comune di Ribera. Seccagrande è una spiaggia molto frequentata sia dai riberesi che da turisti provenienti da tutto il mondo. La stagione estiva è caratterizzata da spiagge e lungomare affollati sia di giorno che di notte e gli eventi organizzati sono molteplici.

La spiaggia di Seccagrande è ghiaiosa e nella parte sud arriva fino alla foce del fiume Magazzolo mentre a nord la spiaggia forma un vero e proprio arco che sporge verso il mare e finisce con una grande secca caratterizzata da numerose scogliere. E’ da questa secca che prese il nome l’intera spiaggia.

Borgo Bonsignore è un antico e caratteristico borgo che appartiene alla Riserva Naturale della Foce del Fiume Platani protetta e tutelata e anche la spiaggia gode di egual trattamento. Un ambiente di tipo dunale di incontaminata bellezza.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Eraclea Minoa (Cattolica Eraclea)

Dopo Borgo Bonsignore si trova Eraclea Minoa, nel comune di Cattolica Eraclea, che secondo la leggenda fu fondata dai compagni di Minosse.

Inutile dire che la spiaggia è molto bella ed è caratterizzata da un fascino tutto particolare dove si fondono leggenda, storia e natura.
Nei pressi della spiaggia si trova anche una bella pineta dove poter passare lunghi momenti al riparo dal sole, mangiare e riposarsi.

Bovo Marina (Montallegro )

Il Lido di Bovo Marina si caratterizza per l’azzurro colore del mare, il dorato della sabbia e il bianco di Capo Bianco.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Uno spettacolo davvero inimitabile dove i colori della natura affascinano e meravigliano per la loro candidezza.

Ampi spazi per il parcheggio, chioschi, bar, ristoranti, per questa spiaggia dall’aria un po’ caraibica da una parte, per chi ama compagnia ed allegria, e tranquilla dall’altra, per chi vuole godersi il relax.

Nei pressi della grande spiaggia anche una meravigliosa pineta per montare tende e fare pic nic.

Siculiana Marina e la Riserva di Torre Salsa (Siculiana)

Una bellissima stazione balneare, Siculiana Marina, e una spettacolare riserva, Torre Salsa, per il territorio di Siculiana in provincia di Agrigento.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Un ambiente naturale molto caratteristico che alterna dune di dorata sabbia a macchia mediterranea. Ben 13 chilometri di natura incontaminata, 13 chilometri di meraviglie intatte dove è possibile perdersi tra la storia e le bellezze naturali.

Grazie al grande impatto naturalistico in questa zona è stata anche istituita la riserva naturale di Torre Salsa. Spiagge incontaminate che si alternano a variegate rocce con gessi selenitici e cristalli geminati.

La vegetazione di questa zona è formata prevalentemente da macchia mediterranea e da dune e palustre. Siculiana Marina è un’altra perla agrigentina per chi sceglie di perdersi tra la natura.

Capo Rossello e Scala dei Turchi (Realmonte)

Capo Rossello, nel comune di Realmonte, è uno sperone di roccia rossa che si fa spazio tra le onde del mare, uno spettacolo davvero unico.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Questo sperone ha una forma ed un profilo molto particolari e una volta raggiunta la cima si può godere di uno spettacolo davvero mozzafiato con tutto l’arco della Costa Bianca e la Scala dei Turchi ad est e le zone di pergole e Monterosso ad ovest.

Anche in questo senso Capo Rossello è molto caratteristico poiché è locato tra la zona rossa e la zona bianca, uno scenario davvero unico e suggestivo.

La Scala dei Turchi è una grande roccia a picco sul mare nella zona di Realmonte. È una delle attrazioni più visitate dell’intera provincia di Agrigento grazie alla sua caratteristica scogliera di colore bianco e alla sua forma.

Una vera e propria scalinata di colore bianco luminoso che incornicia il mare blu e una volta arrivati in cima è possibile ammirare gran parte della costa agrigentina.

Lido Azzurro (Porto Empedocle)

Ad ovest del centro di Porto Empedocle si estende la spiaggia di Lido Azzurro che fa parte di un lunghissimo arenile di sabbia finissima dorata e mare turchese. Tutti i servizi turistici sono a disposizione dei bagnanti che oltre a godere delle bellezze naturali possono rilassarsi indisturbati.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Kaos e San Leone (Agrigento)

La spiaggia di Kaos, ad Agrigento, si trova immersa in un contesto molto particolare ed oltre l’immensa bellezza dei posti ha un fascino molto particolare dato dalla vicinanza della casa del premio nobel per la letteratura Luigi Pirandello. Atmosfera unica che fu ispiratrice di tante opere e che oggi resta nell’aria a dare a questi luoghi un fascino particolare.

La spiaggia di San Leone, sita nell’omonima frazione agrigentina, si estende per chilometri. Sabbia dorata e mare azzurro con un’atmosfera quasi caraibica che raccoglie tutta la movida della città della Valle dei Templi. Lunghissimi tratti di questa zona sono molto calmi grazie alla presenza di alcuni scogli che la riparano ma non mancano le eccezioni di alcune zone ventilate dove è possibile fare surf. Tutti i servizi a disposizione e tanti locali dove passare le ore serali e notturne.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Pergole

Le spiagge delle Pergole si trovano nel tratto costiero che va da Siculiana Marina a Realmonte e sono sovrastate da un promontorio sul quale si trova la Torre di Monterosso del XVI secolo.

Queste spiagge sono formate da tante calette sabbiose che si trovano vicine a falesie che cadono a picco nel mare e sono separate, l’una dall’altra, da piccoli promontori che nel tempo il vento e il mare hanno modellato.

È inutile aggiungere che anche qui il mare è limpido e cristallino e trascorrere una giornata in questi posti sarà davvero piacevole.

Marina di Palma (Palma di Montechiaro)

La spiaggia di Marina di Palma appartiene al comune di Palma di Montechiaro, in provincia di Agrigento. Questa spiaggia si estende lungo una meravigliosa costa caratterizzata da spiagge di rara bellezza sulle quali fanno capolino maestose scogliere. oltre la bellissima spiaggia in questa zona vi sono anche molti locali pronti ad accogliere tutti i vacanzieri, e non, delle’estate siciliana.

GIUFA’ E LA PEZZA DI TELA

N’autra vota la matri cci dissi:-Giufà, haiu sta pezza di tila ca m’abbisugnassi di falla tinciri; và nna lu tincituri, chiddu ca tinci virdi, niuru, e ci la lassi pi tincilla.
Giugà si la metti ncoddu e nesci. Camina camina, vidi na serpi bella grossa; nvidennula ca era virdi, dissi:-mi manna me matri e voli tinciuta sta tila. E ci la lassò ddà.-dumani mi la vegnu a pigghiu.-
Torna a la casa e comu so matri senti la cosa, si cominciò a pilari-Ah, sbriugnatu, comu mi consumasti!
Curri, và, vidi si c’è ancora!
Giufà turnò ma la tila avia vulatu.

TRADUZIONE
Un'altra volta la madre gli disse: -Giufà, ho questa pezza di tela che m'abbisogna di fare tingere; vai dal tintore, quello che colora verde, nero, e gliela lasci per tingermela.
Giufà se la mise in collo ed uscì. Cammina cammina, scorse una serpe bella grossa; vedendola che era verde, disse: -Mia mamma, vuole tinta questa tela. - E gliela lasciò là. – Domani me la vengo a riprendere- Tornò a casa, e quando sua madre sentì la cosa, cominciò a disperarsi -Disgraziato! Come mi consumasti! ... Corri e vedi se c'è ancora!.- Giufà tornò, ma la tela era volata.

CANTA LA NOTTI

'Na vota la matri di Giufà aveva un gaddu. 'Na jurnata lu cuciu e si lu manciaru a tavula. Giufà, ca nu nn'avia manciatu mai, cci piacíu e cci spijau a sò matri: comu si chiamava. 
Sò matri cci dissi: 
- Canta-la-notti.
'Na siritina Giufà vitti un puvireddu chi cantava darreri 'na porta; pigghia un cuteddu, cci I'azzicca 'nta tu cori, si lu càrrica e si lu porta a la sò casa, e cci dici a sò matri:
- Mamma, I'haju purtatu lu Canta-la-notti
La matri vidennu a ddu mortu si misi 'n cunfusioni, e pigghia lu rnortu e lu jetta 'ntra lu puzzu.
La Giustizia accuminzau a circari di chiddu ch' avia statu ammazzatu; e Giufà cci dissi ca l'aveva ammazzatu iddu e ca cci l'avia purtatu a sò matri pi fariccillu còciri. La matri comu sappi sta cosa subbitu scanna un crastu ch'avia, e cci lu jetta supra lu mortu nna lu puzzu. Nna mentri, veni Giufà cu la Giustizía. Idda spija si Giufà avia purtatu un mortu; e sò matri cci dici, ca avia purtatu un crastu fìtusu, e cci l'aveva jittatu 'nta lu puzzu. 
Unu di la Giustizia si cala 'nta lu pozzu e tuccannu tuccannu vitti pilu. E cci spijau a li parenti di lu mortu ca eranu supra:
- Chi è? pilusu?
- Forsi 'nti lu pettu.
Tuccannu tuccannu vidi quattru pedi.
- Chi havi quattru pedi?
- Havi du' pedi e du' manu.
Tantiannu tantiannu vidi ca havi du' corna e spija:
- Ch'avìa du' corna?
Ddocu s'addunanu ch'era buffuniata.

TRADUZIONE
CANTA LA NOTTE
Una volta la mamma di Giufà cucinò un gallo e tutti a tavola lo mangiarono. A Giufà, che non lo aveva mai mangiato, piacque molto e volle sapere dalla madre come si chiamava.
La madre disse:
- Canta-la-notte
Giufà una sera vide un poveraccio che cantava dietro una porta, prese un coltello e glielo ficcò nel cuore. Poi si caricò sulle spalle il poveraccio e se lo portò a casa e disse a sua madre:
- Mamma ho portato un Canta-la-notte
La madre, vedendo il morto, entrò in confusione e decise di buttarlo nel pozzo.
La giustizia si mise alla ricerca dell'uomo morto e Giufà raccontò che l'aveva ucciso lui e che l'aveva portato alla madre per cucinarlo.
La madre , appena venne a sapere della confessione di Giufà, prese un castrato che aveva lo scannò e lo buttò sopra il morto nel pozzo.
Nel frattempo i gendarmi si presentarono a casa e chiesero alla madre se era vero che Giufà avesse portato a casa un morto.
La madre rispose che Giufà aveva portato a casa un castrato puzzolente e che le l'aveva buttato nel pozzo.
Un gendarme si calò nel pozzo per controllare e tastando al buio trovò del pelo. Allora, chiese ai parenti del morto che erano sopra:
- Che è, peloso?
- Forse nel petto - risposero i parenti
- Ha quattro piedi? - chiese il gendarme
- Ha due piedi e due mani - risposero sopra
Il gendarme guardando e toccando sentì che il presunto morto aveva due corna e chiese:
- Aveva due corna?
Su questa domanda tutti si convinsero che si trattasse di una buffonata.

GIUFA’ E LU SCECCU

Giufà aveva n’ sceccu e cci ‘u rrubbanu. I latri s’u stavunu purtannu. Allura Giufà cci dissi a unu dé latri: “ora fazzu chiddu ca fici mà patri”. 
I latri, pinsannu a sta cosa cc’aveva sà patri cci dissiru a Giufà: “senti… e.. chi fici tà patri?”. 
Giufà cc’arrispunniu: “ca si ‘n ‘accattau nautru”.

OCCHI DI CUCCA

Giufà duvennu purtari li dinari a la casa, si scantava ca cci li pigghiavanu; e chi fa? lì metti 'nta un saccu e di supra cci metti spini di sipàla pi fari avvidiri ca 'un era nenti chiddu chi purtava. Si lu jetta arreri li spaddi e arranca pi la casa. Li picciotti lu scuntravanu:
- Giufà, chi porti ?
- Occhi di cucca (sintennu parrari di la munita d'argentu chi lucia).
'Ncugnavanu li manu pi tuccari e si puncìanu:
- Ahi ahi!
Passava di 'n' àtra bânna; li picciotti:
- Giufà, chi porti ?
- Occhi di cucca.
Tuccavanu:
- Ahi ahi!
E accussì Giufà juncíu a la casa e cci purtò sani e sanseri li dinari a sò matri.

TRADUZIONE 
OCCHI DI CIVETTA
Giufà dovendo portare dei soldi a casa e avendo paura che glieli pigliassero e che fa_?, ebbe l'idea di prendere delle spine di rovo e metterle nel sacco in cui li portava.
Per strada i ragazzacci che incontrava chiedevano:
- Giufà cosa porti?
- Occhi di civetta - (alludendo allo splendore delle monete)
I ragazzi mettevano le mani nel sacco , ma si pungevano subito con le spine e urlavano:
- Ahi! Ahi
Andando avanti Giufà incontrava altri ragazzi, che tornavano a chiedere:
- Giufà che porti nel sacco?
- Occhi di civetta
I ragazzi mettevano le mani nel sacco e pungendosi si allontanavano urlando
- Ahi! Hai!
Fu così che Giufà, riuscì a portare a casa tutto per intero il suo denaro.

GIUFA’ E LA SIMULA

La matri di Giufà avía 'na picciridda e la vulia bèniri quantu l'occhi soi. 
'Nca 'na jurnata s'appi a jiri a sèntiri la Missa; si vôta cu sò figghiu:
- Giufà, vidi ca io vaju a la Missa: la picciridda dormi; còcicci la simulidda i e cci la duni a manciari.
Pigghia Giufà e coci 'na gran pignata di simula; comu fu cotta nni pigghia 'na bella cucchiarata e cci la 'nfila 'mmucca a la picciridda.
La picciridda cuminciau a jittàri sguìddari, ca s'abbruciau, e ddoppu jorna ni muriu, ca la vucca cci fici cancrena. 
La matri 'un ni putennu cchiù di stu figghiu; pigghia c'un lignu, e nni lu mannò a lignati

TRADUZIONE
GIUFA' E LA SEMOLA
La mamma di Giufà aveva una bambina e le voleva bene quanto ai suoi occhi.
Un giorno dovendo andare a sentirsi la Messa, si rivolse a suo figlio e disse:
- Giufà, guarda che io sto andando a messa: la bambina dorme, cucina il semolino e, quando si sveglia, le dai da mangiare.
Giufà si mise a cucinare un grande pentolone di semolino e, appena cotto, ne prese una bella cucchiaiata e la infilò in bocca alla bambina.
La bambina si mise ad urlare per il bruciore e dopo qualche giorno morì perché la bocca le fece cancrena.
La madre, non potendone più di questo figlio, prese un legno e lo mandò via a legnate.

GIUFA’ E LA VENTRI LAVATA

Ora la matri di Giufà 'n vidennu ca cu stu figgiìiu 'un cci putía arrèggiri, lu misi pi picciottu di Tavirnaru. 
Lu tavirnaru lu chiamau:
- Giufà, va a mari, e va lava sta ventri, ma bona lavala, sai! masinnò abbuschi
Giufà si pigghiò la ventri e iju a ripa di mari. Lava, lava; ddoppu aviri lavtu 'na matinata, dissi:
- E ora a cu' cci spiju s'è bona lavata?
Nta stu, mentri s'adduna d'un bastimentu chi stava partennu; nesci un muccaturi, e si metti a li marinara, e a chiamalli:
- A vui! A vui! Viniti ccà! Viniti ccà
Lu capitanu si nn'adduna e dissi:
- Puggiamu, picciotti, ca cu' sa chi nni scurdamu 'n terra...
Scinni 'n terra, e va nni Giufà.
- Ora chi cc'è?
- Vassia mi dici: E' bona lavata sta ventri?
Lu capitanu unu era e centu si fici; afferra un pezzu di lignu e cci li sunau boni boni.
Giufà chiancennu cci dissi:
- Unca com'hè diri ?
- Ha' a diri, cci arrispunìu lu capitanu: - Signuri, facitili curriri. E accussì nn'accanzamu lu tempu ch'àmu persu
Giufà cu li spaddi beddi càudi, si pigghia la ventri e sferra pi 'na campagna, dicennu sempri:
- Signuri, facitili curriri ! Signuri, facitili curriri!
'Ncontra a un cacciaturi ca tinia di fittu du' cunigghia. 'Ncugna Giufà:
- Signuri, facitili curriri! Signuri, facitili curriri
Li cunigghia scapparu.
- Ah! Figghiu di scarana! macari tu mi nn'ha' a fari ? - cci dici Iu cacciaturi, e cci chianta di manu a culazzati di scupetta.
Giufà chiancennu chiancennu cci dici:
- 'Unca com'hè diri ? 
- Comu ha' a diri ? 
- Signuri facitili ocidiri!

Giufà si pigghia la ventri e java ripitennu zoccu avía ai diri. Scontra, e scontra a dui chi si sciarriavanu.
Dici Giufà:
- Signuri, facitili ocidiri!
- Ah 'nfamuni! puru tu attizzi! dicinu chisti dui; e lassanu di sciarriàrìsi e chiantanu di manu a Giufà. 
Poviru Giufà arristau cu la scuma a la vucca, e 'un putia cchiù parrari. Ddoppu un pizzuddu, dici sugghiuzziannu:
- 'Unca com'hè diri?
- Comu ha' a diri ? cci arrispunninu iddi; ha' a diri: - Signuri, facitili spàrtiri! 
'Nca, Signuri, facitili spàrtiri, accuminzò a diri Giufà; Signuri, facitili spàrtiri. E java caminannu cu la ventri 'mmanu e sempri dicennu la stissa canzuna.
Caminannu caminannu, a cui 'ncontra? a du' picciotti ca niscìanu di la Chiesa maritati allura allura; comu sentinu:
- Signuri, facitili spàrtiri ! Sìgnuri, facitili spàrtiri! - curri lu zitu, si sciogghi la cintura e , tiritighi e tiritanghi supra Giufà dicènnucci:
- Aciddazzu di malagùriu! ca mi voi fari spàrtiri cu mè mugghieri i ... 
Giufà 'un ni putennu cchiù si jittò pi mottu. Li parenti di li ziti 'ncugnaru pi vidiri si Giufà era mortu o vivu. Ddoppu un pizzuddu Giufà arrivinni e si susiu. Cci dìcinu li genti:
- 'Unca tu accussì cci avivi a diri a li ziti ?
- E comu cci avia a diri ? , cci addumanna Giufà.
- Cci avìvi a diri: - Signuri, facitili ridiri! Sígnuri , facitili ridiri! 
Giufà si pigghiò la ventri e si nni turnò a la taverna. Passannu di 'na strata, cc'era 'nta 'na casa un mortu cu lì cannili pi davanti, e li parenti chi chiancìanu a chiantu ruttu. Comu sentinu diri a Giufà:
- Signuri, facitili ridiri! Signuri, facitili ridiri! - zoccu ccì avianu dittu chiddi di lu zitaggiu - ci parsi 'na cosa fatta apposta; nesci unu cu un marruggiu, e a Giufà cci nni detti pi iddu e pi àutru.
Allura vitti Giufà ca lu megghiu era di zittìrisi e curriri a la taverna. 
Lu tavirnaru comu lu vitti cci detti lu restu, ca l'avía mannatu cu la matinata, e s'arricugghiu 'n versu vintitrì uri; e poi cci detti la coffa.

GIUFA’ E LI LATRI

Caminannu pi 'na campagna sularina, 'na vota a Giufà cci vinni di fari acqua. 
Ddoppu chi finiu, sapiti com' è quannu si piscia? ca va facennu tanti viuledda (rivoli) e curri. Giufà si vota cu li viuledda e cci dici:
- Tu pigghi pi ccà; tu pigghi di ccà, tu pigghi pi ccà (parrannu pi l'arina), e io pigghiu pi ccà; e scinníu. 
Giustu giustu ddà sutta cc'era 'na grutta, e cc'eranu 'na pocu di latri chi si stavanu spartennu 'na pocu di dinari. Sentinu accussì, dici:
- Ah! pi santii Dima! ca la Giustizia viniu a pigghiàrìnni, e nni sta atturniannu! e scapparu lassannu li dinari ddà. 
Scinni Giufà, vidi sti gran dinari: nè gattu fu nè dammaggiu fici, e si' l'i pìgghiau.

GIUFA’ E LA STATUA DU JISSU

Si cunta ca cc'era 'na mamma, e avía un fighiu chiamatu Giufà; sta mamma di Giafà campava pòghira. Stu Giufà era babbu, e lagnusu e mariuolu: sô matri avía 'na puocu di tila e cci dissi a Giufà:
- Pigliammu 'na puocu di tila e la va' a vinni 'ntra un paisi luntanu, e l'ha 'a vìnniri a chiddi pirsuni chi parlanu picca.
Giufà si partì' cu la tila 'n cuodda e si nni ij' a vinniri. Arrivatu 'ntra un paisi accamincià' a vanniairi:
- Cu' voli la tila!
Lu chiamavanu li genti e accuminciavanu a parlari assai, a cu' cci paria grossa, a cu' cci paría cara. Giufà cci paría ca parlavanu assà, e 'un cci nni vulia dari. 'Nquà camina di ccà , camina di ddà, si 'nflia 'ntra un curtigliu; ddà nun cc'era nuddu e cci truvà 'na statua di gghissu, e cci dissi Giufà:
- La vuliti accattari la tila? - e la statua 'un cci dava cuntu ; 'ntanta vitti ca parlava picca;
- Ora a vu', ca parlati picca, v'haju a vìnniri la tila. -; pigghia la tíla cci la stenni di supra:
- Ora dumani viegnu pri li grana - , e si nni ij'.
Quannu agghiurnà', cci ij' pri li grana, e tila 'un ni truvà, e cci dicia:
- Dûnami li grana di la tila - , e la statua 'un cci dicia nenti.
- Già ca 'un mi vò dari li grana, ti fazzu vìdiiri cu sugnu ia; si 'mbresta un zappuni e va mazzia la statua fina ca l'allavancà, e nni la panza cci trova 'na baccaredda di dinari; si menti li dinari nni lu saccu e si nni va nni sò mà'; arrivannu, a sò mà' cci dissi :
- La vinnivu la tila ad una chi nun parlava, e grana a la sira 'un mi nni detti; puà cci jivu la matina cu lu zappuni, l'ammazzavu, la jittavu 'n terra e mi detti sti dinari.
La mamma, ca era 'sperta, cci dissi:
- 'Un diri nenti, ca a puocu a puocu nni iemmu manciannu sti dinari.

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